Il nome di Giobatta Mangini detto “Neste” è un nome importantissimo nella storia della Steek Hutzee.
Neste, un uomo di centoventi chili di peso per un metro e sessanta di altezza, era nato a San Friggione, un piccolo paese dell’entroterra ligure, sulle alture di Genova, nella primavera del 1825.
Era figlio di Monaldo, detto Dido, l’unico maniscalco del paese.
Giobatta era un uomo di poche parole, uno che la bocca, lontano dai pasti, la apriva di rado, in compenso le mani le usava anche troppo, ma sempre per delle giuste cause.
Fin da bambino, se c’era un amico da difendere o un sopruso da combattere, Neste non c’era bisogno di chiamarlo, perché lui era già lì. All’età di nove anni cominciò a lavorare nella bottega paterna ma, prima dei dodici, aveva già capito che non sarebbe invecchiato ferrando muli e cavalli.
A sedici anni, tre mesi e due ore salutò la famiglia e scese a Genova dove si mantenne facendo diversi mestieri, dallo scaricatore al porto, al mozzo su alcuni mercantili e, per qualche tempo, si diede da fare pure come aiuto oste in una locanda di terza categoria.
Neste, a contatto quotidiano con stranieri di ogni parte del mondo, in poco tempo imparò sei lingue, due delle quali gli furono indispensabili per il resto dei suoi giorni: il livornese, per la coloritura delle imprecazioni di natura pagana e religiosa di cui nella sua lunga vita egli non fece mai economia, e l’inglese, che apprese in modo sufficientemente buono da riuscire a farsi arruolare nella marina britannica all’età di diciotto anni.
Alla fine del 1843 Neste salpò dal molo di Pisa a bordo della nave Harlequin, sulla quale, al soldo di sua maestà, per un paio d’anni diede la caccia a pirati malesi e indonesiani, colpevoli di danneggiare il commercio da e per le colonie inglesi.
La motivazione che lo spinse a partire per i mari dell’estremo oriente non fu principalmente il desiderio di combattere i pirati, quanto piuttosto la particolare attrazione che egli aveva sempre provato per le donne asiatiche.
Per mesi e mesi Giobatta si distinse in diversi combattimenti corpo a corpo con i corsari, un paio di volte rimase ferito in modo lieve dalle lame dei pirati, ma riuscì sempre ad avere la meglio. Raramente usò pugnali o sciabole, le sue armi quotidiane erano le micidiali mani “a badile”, di cui madre natura l’aveva dotato dalla nascita.
E fu per via di quelle mani dure, nodose e di grandi dimensioni, che Giobatta a undici anni fu soprannominato “Neste”, da “Anestesia”, da quella volta in cui, a undici anni e sei giorni, con un cazzotto sulla fronte aveva addormentato un mulo adulto che non voleva lasciarsi ferrare.
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